di Nick Tixi Montisci
“Un fresco 31enne ossessionato dallo stare bene e dal godere insieme ai miei affetti di ogni gioia che si riesce a cogliere nel nostro percorso esistenziale. Professionalmente parlando, un consulente con la passione per la tecnologia diventato nel tempo imprenditore e investitore, perfezionista all’inverosimile e comunicatore diretto”. Così si racconta Antonio Agabio, ospite della prima puntata di GentediCa, la nostra rubrica di interviste a persone della nostra città, che vanno e vengono o anche si fermano.
– Anto, ti vediamo in grandissima forma e ricco di bei progetti. Ma facciamo un passo indietro, come è nato questo tuo percorso partendo dalla Sardegna?
Di rientro dagli studi all’estero ho iniziato a lavorare a Cagliari nel campo della consulenza a privati e Pubbliche amministrazioni nell’ambito della gestione di fondi comunitari per la formazione professionale. Siamo una delle regioni europee col maggior numero di NEET e giovani sfiduciati dal sistema scolastico, e riuscire a fare qualcosa per generare nuove opportunità per i miei conterranei mi ha fatto capire di voler costruire una carriera piena di esternalità positive.
In questa accezione, aver virato verso l’intelligenza artificiale durante la pandemia mi ha permesso di concentrarmi sulla creazione di tecnologia, che rappresenta lo strumento principale per la crescita economica e sociale di una comunità, e pertanto di preservare quel senso di impatto positivo che per me è così importante.
– Quali difficoltà hai sentito e vissuto?
Secondo me, la necessità di dover condividere una visione con le persone che ti affiancano in un’avventura: la pandemia ha stigmatizzato il principio per il quale la carriera possa essere un aspetto nobilitante di un uomo a vantaggio di una narrativa che vede il lavoratore, in qualsiasi sua forma, una pedina di un percorso già tracciato in cui il banco, ovvero le grandi aziende, vince sempre a discapito suo e di ogni ogni aspetto della sua vita che invece farebbe meglio priorizzare.
Io sono convinto che la meraviglia sia il viaggio in sé, e che se dobbiamo impiegare del tempo della nostra storia a generare del reddito, è meglio che sia il più soddisfacente possibile, e non solo qualcosa che non si veda l’ora di finire il prima possibile per iniziare, allora sì, davvero, a vivere.
Non è immediato in questi anni trovare questo tipo di allineamento con partner, soci e colleghi, ma quando lo si ha, si è inarrestabili.
– Intelligenza artificiale, ci spieghi in parole semplici cosa è, cosa sta succedendo, quali saranno i benefici?
L’intelligenza artificiale è una branca della programmazione finalizzata a far apprendere autonomamente a una macchina a riconoscere elementi e/o farle intraprendere determinate azioni senza che questa sia mai entrata in contatto con quello specifico elemento, attraverso un allenamento pregresso che l’ha abilitata a comprendere cosa quell’elemento rappresenti.
È da anni al servizio delle aziende, si pensi ai sistemi di profilazione pubblicitaria o ai modelli di predizione dei mercati, o ancora quando un servizio di streaming ti consiglia la prossima serie tv da guardare.
Oggi viviamo lo sconfinamento di questa tecnologia dal perimetro industriale sino agli orizzonti dei consumatori finali, grazie soprattutto a strumenti di AI generativa come ChatGPT o Stable diffusion, che sono ottimi per dare anche fuori dall ambiente business un’immagine delle potenzialità di queste tecniche.
– Il dibattito è: l’intelligenza artificiale toglierà lavoro e creatività alle persone?
Sarebbe carino chiederlo ad un’intelligenza artificiale! (lol)
La mia idea è che da una parte, come in ogni buona rivoluzione industriale, sposterà la domanda di lavoro da alcuni settori ad altri, richiedendo figure sempre di maggior livello, e dall’altra darà opportunità a quei professionisti i cui settori sono maggiormente interessati da tale evoluzione che saranno in grado di coniugare meglio le proprie conoscenze e capacità con il nuovo strumento.
L’impressione è che sempre di più l’uomo dovrà essere in grado di fare strategia e, anche negli uffici, ci sarà meno spazio per gli esecutori (fenomeno che nelle fabbriche abbiamo visto dall’avvento della robotica industriale).
– Mettiamo gente come me, i content creators, i giornalisti, chi scrive, che vantaggi potrà avere?
Il primo vantaggio è la riduzione dei tempi per attività a basso valore aggiunto, come poter creare una prima impostazione di un contenuto per poi limitarsi a revisionarla.
Il secondo è avere uno sparring partner sul lato creativo. le AI sono ottime brainstormer e possono concedere ottimi spunti su temi da trattare, oltre a riuscire a prevedere con una precisione letteralmente sovrumana l’impatto di un determinato contenuto e delle sue caratteristiche rispetto al target di interesse, o viceversa (su questo tema stiamo lanciando proprio in questi giorni in Texas un nostro nuovo prodotto).
Si potrà superare anche il tema delle licenze d’uso di immagini, chiedendo al modello algoritmico di generare, ad esempio, la copertina adatta per un articolo appena scritto.
Stessa cosa per un sottofondo musicale per un video.
– Ci fai altri esempi di applicazioni su mestieri e professioni? E sulla vita quotidiana?
È esattamente la sfida in corso in questi mesi. Chi risponderà meglio a questa domanda, detterà la linea dei prossimi 30 anni.
Di massima, la mia idea è che come ai tempi degli smartphone ci siamo abituati a fare le cose da un cellulare anziché da un PC, con l’AI ci abitueremo a farcele direttamente fare da una macchina.
Rimarrà il valore dell’intuizione a discapito dell’esecuzione e un rinascimento delle intelligenze trasversali a discapito di quelle specialistiche.
– Poi, quasi lo dimenticavamo, c’è Ovum, come è nata e di cosa vi occupate?
Ovum è un venture builder, ovvero un veicolo di costruzione di iniziative imprenditoriali, sotto forma di Startup Factory, nello specifico nel settore di, appunto, Intelligenza Artificiale e tecnologie fortemente connesse, come cloud computing e big data analytics.
Nasce grazie all’intuizione delle due aziende fondatrici del progetto, Linkalab e AB Innovation Consulting, che hanno deciso di affrontare un percorso di trasferimento tecnologico in quegli ambiti dalla più tradizionale consulenza, alla vera e propria costituzione di iniziative dedicate.
Una delle soddisfazioni più grandi, oltre al poter collaborare quotidianamente con figure di grande spessore tecnico e umano, è quella di fornire a persone che intendono avvicinarsi al mondo delle startup un’opportunità a rischio mitigato che senza di noi non avrebbero neanche mai potuto iniziare, e di diventare veri imprenditori in un ambiente più protetto e con maggiori risorse rispetto a un percorso autonomo.
– A chi vi rivolgete?
I nostri clienti sono i clienti delle nostre startup.
Abbiamo, ad esempio, prodotto SDG Juicer, un motore che permette di misurare l’impatto di sostenibilità di qualsiasi testo rispetto agli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, pensato per chi ha bisogno di comunicare correttamente i propri sforzi in materia di sostenibilità per migliorare il proprio marketing o l’accesso a finanziamenti pubblici e privati.
O ancora EOS Data, che come raccontavo in precedenza vuole fornire un vantaggio competitivo ai Content creator che basano il proprio successo sull’ingaggio dei propri follower rispetto ai temi trattati e alla loro relativa accoglienza da parte del web.
– Voi lavorate su mercati esteri dove forse la percezione delle innovazioni è più celere. Quali parole chiave usi per gli imrpenditori e le imprese meno convinte? (sempre che ce ne siano?)
Lavoriamo a favore di aziende e professionisti più che a favore di consumatori privati, quindi il tema vendite è molto più legato alla capacità di individuare il problema ed essere in grado di fornire una soluzione ad un prezzo inferiore ai costi che quel problema genera.
Una volta fatto questo, è importante raccontare quanto questo sia vero grazie ai casi e alle esperienze pregresse e essere certi che ci sia stata comprensione reciproca (del problema per quanto riguarda noi, e della soluzione per quanto riguarda il cliente).
– Lavori in giro per il mondo, come mai la scelta della base di vivere a Cagliari?
Sono innamorato pazzo di questa città e non ho mai seriamente pensato di lasciarla quale quartier generale.
Mi permette di stare in contatto con le persone che amo, coi miei genitori e di respirare un’aria più sana di qualsiasi altra città in cui potrebbe sembrare più conveniente, sotto il profilo imprenditoriale, spostarsi. Poi come fa gli arancini siciliani mia nonna..
– Se dovessi dare un consiglio alle imprese che vogliono far innovazione in Sardegna?
In Sardegna in tema IT siamo un passo avanti, vuoi per il retaggio quasi trentennale di Tiscali e CRS4 ma anche e soprattutto vista la qualità delle nostre università.
Il mio consiglio è quello di fare affidamento su Sardegna Ricerche per l’individuazione di opportunità di crescita e promozione delle proprie iniziative, altra struttura che si sta muovendo in maniera eccellente in questa direzione.
– Come mai la Sardegna da un momento di grande fermento oggi, numeri alla mano, vive una recessione?
Premettendo che economie simili alla nostra non stanno vivendo una situazione così diversa, scontiamo il grosso peso dell’insularità legato alle iniziative imprenditoriali tradizionali, che aumenta di default i nostri costi e scoraggia gli investimenti esteri.
Questo ha comportato la progressiva contrazione del tessuto industriale regionale che a sua volta non permette una circolazione della ricchezza tale da garantire sviluppo, dimostrato anche all’impatto del pubblico impiego rispetto alla totalità del nostro prodotto interno.
In tal senso, vedo la tecnologia come reale potenziale volano di ripartenza, per minore dipendenza dalle infrastrutture fisiche rispetto ad altri tipi di impresa.
– Ma l’Intelligenza artificiale ha un’anima?
Non direi.
Molto interessante in tal senso il principio della Stanza Cinese di John Searle che, in brevissimo, racconta come le AI sembrino umane solo dalla prospettiva di chi ne riceve i risultati, ma basta guardare dentro per capire che così non sia affatto.
– C’è un libro che ti ha cambiato la vita?
“Padre ricco, Padre povero” di Kiyosaki, che insegna molto bene a mettere in discussione alcuni assiomi del funzionamento della finanza che a noi risultano assiomi solo per abitudine, oltre a raccontare un’immagine puntuale dei nuovi yuppie americani.
– L’acquisto innovativo di cui sei fiero?
Ancora conservo la ricevuta di acquisto dei miei primi bitcoin nel 2011. Non tanto per questioni economiche, dato che ero troppo giovane per gestirli come si sarebbe dovuto fare, quanto in termini di intuizione e scoperta.
– Il peggior consiglio che ti hanno dato?
Non saprei. Probabilmente perché non l’ho mai seguito.