A Cagliari, tra i palazzi e il viavai quotidiano di Piazza Repubblica, si trova una delle pasticcerie più amate della città. Un punto di riferimento non solo per la qualità dei dolci, ma per l’approccio inclusivo e innovativo alla tradizione.
In un panorama cittadino in cui le pasticcerie storiche si alternano a nuove realtà creative, questa bottega dolce si distingue per l’attenzione alle intolleranze alimentari, senza mai rinunciare al gusto. Abbiamo incontrato Alice Palla, che con passione e determinazione porta avanti questo progetto di famiglia, per farci raccontare da vicino la sua storia, la sua visione e qualche segreto del laboratorio di Piazza Repubblica 23.
Alice, uando è nata la vostra pasticceria e com’è iniziata questa avventura?
Sono un ingegnere, ma con una grande passione per la cucina e la pasticceria da quando ero piccola. Avendo diverse intolleranze alimentari già dall’adolescenza, ho imparato a sostituire gli ingredienti come latte, uova, burro. Ho sempre preparato dolci e catering per feste di famiglia e amici. Nel 2014 mio zio, pasticcere, ha proposto a mio padre e a me di aprire insieme una pasticceria, e così abbiamo iniziato questa avventura: abbiamo aperto al pubblico il 25 maggio 2015. Dopo il COVID ci siamo separati e ora siamo solo io e mio padre.
Quali erano le ricette del cuore all’epoca?
Come ho già detto, io ho diverse intolleranze alimentari e, quando ero piccola, non esistevano prodotti alternativi nemmeno al supermercato, figuriamoci al bar o al ristorante… quindi quando uscivo guardavo gli altri mangiare. Quando ho aperto la mia pasticceria ho deciso che da me questo non doveva succedere, e che ci sarebbe sempre stata la cura per chi, per scelta o necessità, fa diete alternative.
Qual è il dolce che più rappresenta la vostra identità e perché?
Abbiamo sempre avuto la scelta fra dolci con latte e uovo, e dolci senza. La nostra caratteristica è rendere piacevole la pasticceria “senza” anche alle persone che vorrebbero non esistesse… mi piace definirmi pasticceria inclusiva!
Come sono cambiati i gusti dei cagliaritani negli anni?
All’inizio, quando le persone sentivano parlare di dolci senza latte, senza uova o addirittura vegani, storcevano il naso, erano molto diffidenti. In questi 10 anni sempre più persone hanno apprezzato questo tipo di prodotti: sono più leggeri e digeribili, e il gusto non ne risente. Anche se ancora molte persone storcono il naso, quando li assaggiano e mettono da parte i pregiudizi, però, non rimangono deluse.
C’è una giornata tipo in laboratorio? Cosa succede dietro le quinte?
Tolto il momento della cottura delle paste, non c’è una giornata tipo: un giorno ci dedichiamo magari alle preparazioni base, un giorno a biscotti e crostate, un giorno ai semifreddi. Abbiamo più una programmazione settimanale. Ora in pasticceria siamo io e Nicoletta: fra un dolce e l’altro, fra un pasticcio e l’altro, cerchiamo ogni giorno di lavorare con il sorriso. È un lavoro prevalentemente di routine, ma in periodi di calma proviamo a sperimentare nuovi prodotti, altrimenti poi si perde la passione.
Qual è il momento dell’anno che preferite, tra feste e ricorrenze?
Preferisco i periodi lontani dalle ricorrenze, perché mi permettono di sperimentare nuove ricette. Durante le ricorrenze diamo priorità ai prodotti stagionali come panettone, pandoro, zeppole, frittura, colombe… La sperimentazione c’è sempre, ma con più attenzione alla tradizione.
Avete un ricordo o un aneddoto speciale legato a un cliente o a un evento particolare?
Sono diversi. Sicuramente non possiamo dimenticare le facce stupite e incredule delle persone con intolleranze o vegane quando vedono la vastissima scelta di prodotti per loro, e la loro gioia quando li assaggiano e si rendono conto che sono buonissimi e non c’è nessuna rinuncia… Ma non posso nemmeno dimenticare la persona che mi ha detto che le paste vegane sono un sacrilegio e non dovrebbero esistere. Oppure il grande pasticcere che, a una dimostrazione, mi ha detto che non poteva esistere la pasticceria di qualità senza burro, ma che dopo un anno ha presentato sui social un croissant vegano che — non so il sapore — ma per estetica non era nemmeno lontanamente paragonabile al mio.
Come convivono oggi tradizione e innovazione nella vostra produzione?
Penso che l’innovazione non possa esistere senza la conoscenza della tradizione. I miei prodotti sono sicuramente innovativi se parliamo di mancanza di ingredienti che spesso si ritengono essenziali, o di tecniche di lavorazione e lievitazione, ma non sarei mai arrivata a questo risultato se non conoscessi la chimica e la tecnica delle preparazioni tradizionali. Quando sperimento una ricetta parto sempre da quella tradizionale, modifico ingredienti e magari procedure, ma la base è sempre la tradizione.
Se doveste descrivere la vostra pasticceria con tre parole, quali scegliereste?
Pasticceria inclusiva, con gusto!