Il male della sardegna sono i sardi

 

Il titolo sembra un attacco, una satira, una presa in giro bella e buona, purtroppo é un modo di dire, decisamente canzonatorio, presente sempre più frequentemente nei dialoghi quotidiani.

Scandalizzatevi,  indispettitevi e borbottate parole non proprio felici indirizzate all’ autore di questo articolo, perchè il 90% di voi sará troppo presuntuoso per ammettere una benché minima parte di quello che leggerete in seguito.

Il sardo poco amante delle novità, notoriamente diffidente di tutto quello che lo circonda, il tipo avventore del “non lasciare la vecchia strada per quella nuova, perché sai quel che lasci ma non sai quel che trovi”. Cercando  nell’editoria locale, sezione dizionario dei sinonimi e dei contrari, sono la voce “innovazione” sostituita con “male assoluto/ seccatura/ perdita di tempo per per apprendere qualcosa di nuovo”.

Il tutto si sposa con altre due caratteristiche salienti, orgoglio e testardaggine,  un mix che assunto in alti dosagi, porta effetti indesiderati nel mondo attuale, come arretratezza, svalutazione professionale, o veri e propri fallimenti.

C’é chi lotta per l indipendenza della sardegna, dimenticandosi che siamo noi a votare i nostri politici, a lavorare nella, e per, la nostra regione. Nessuno ci obbliga a eleggere un personaggio scomodo, acquistare in continente piuttosto che qua. I cervelli sardi in fuga? Un bene !! Un chiaro segnale per tutti noi! Se vogliamo primeggiare dobbiamo correggere la tipica icona del “mollenti sardo”.

Ormai i temi trattati per il rilancio si contano sulle dita della mano, la parola “varietà” relegata nella descrizione dei programmi televisivi, incide sul nostro bilancio in maniera esponenziale.

La parola informazione commutata nella classica lettura dell’ Unione Sarda la mattina ,durante la colazione, e di Tiscali News, la sera una volta aperta la casella mail.

É il sardo a plasmare la sardegna, adesso stiamo semplicemente invidiando chi possiede, chi produce e sviluppa molto meglio di noi, senza tentare, nemmeno in maniera palliativa, di imitarlo.

Diciamocelo chiaramente, allo stato attuale, creare un vero modello di sviluppo basato sull’ economia attuale sarebbe il riadattamento di “Utopia” di Thomas More ai giorni nostri.

La nostra non é solo una crisi economica, ma in primis, di innovazione, che possiamo descrivere come senza fine, finché permarrá questo “status quo” sospeso fra diffidenza e campanilismo.

A cura di Alessio Deiana (@aastrikereport)

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