Il rientro di Sant’Efisio fa emozionare tutti, anche i non credenti

Di Cristina Marras

Partecipare alle manifestazioni religiose da non credente è qualcosa che mi fa riflettere, perché nonostante la mia assenza di fede nel divino, una volta che mi trovo lì mi sento coinvolta da una bella sensazione di appartenenza, che mette tutto insieme: i ricordi di quando ero bambina e la mia famiglia (religiosa e osservante) mi portava alle stesse manifestazioni, i racconti di mio papà che conosceva tutti i risvolti dei riti e i retroscena della vecchia Cagliari, la nostalgia di quando abitavo lontano e all’arrivo delle festività cagliaritane mi veniva un gran magone che era difficile farselo passare.

Questi sono i pensieri che mi vengono in mente mentre con le mie amiche ci aggiriamo per Villa Ballero, da dove partirà tra breve la processione, e anche se non ce lo siamo dette in modo esplicito, sappiamo che questo è ormai diventato il nostro rituale, il rientro del santo, con le fotografie che non riescono mai a comunicare la potenza dei colori e l’odore fortissimo di menta e di rose de sa ramadura, le chiacchiere con le stesse persone che si incrociano anno dopo anno, le battute sui buoi giganteschi che trainano il simulacro, e poi i canti, i rosari, i rituali e tutto l’orgoglio di chi vive questi momenti con fede e devozione.

Naturalmente, in tutto ciò, la cosa più importante rimane la ricerca del posto migliore da dove vedere meglio il passaggio del santo. Questa volta ci siamo buttate in una nuova avventura: siamo andate ad aspettare l’arrivo del santo a Giorgino, insieme agli amici e alle amiche del Villaggio Pescatori che, come sempre, ci hanno fatto sentire a casa e di famiglia.

Ecco, proprio lì, nella piazza centrale del Villaggio Pescatori, è successa questa cosa strana e molto bella: il cocchio con sant’Efisio ha sostato per una decina di minuti per dare modo alle persone di avvicinarsi e toccare la statua, e anche io mi sono messa in fila, e anche io mi sono commossa, e anche io ho voluto toccare la statua e mi sono sentita veramente parte di quel bellissimo rito collettivo che a quel punto per me non aveva più importanza che fosse emanazione di un potere che per secoli ha spadroneggiato e discriminato e che ancora continua a farlo, perché sa ramadura, e gli abiti luccicanti, e i buoi pieni di fiori, e l’odore della menta, e gli applausi e le signore che stringono i rosari e le fotografie, tutto questo è la città che mi appartiene e alla quale io appartengo, nei modi e con le tradizioni che si ripetono ma che io ho la fortuna di poter rinnovare e reinventare insieme alle mie amiche.

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