Sergio Arizio, il dramma nel Nord Sardegna

E’ sempre difficile riuscire a descrivere momenti come quello dell’alluvione che ha colpito Olbia e i comuni limitrofi. C’è chi è rimasto a guardare e chi, come Sergio Arizio, giovane volontario della Protezione Civile, che è intervenuto per portare sostegno alle persone colpite.

Dal gennaio 2009 Sergio è iscritto come socio operativo all’associazione di volontariato di Protezione Civile GRU.S.A.P. (Gruppo Salvaguardia Ambiente Poggio dei Pini)”. L’associazione opera principalmente nel campo dell’antincendio ma è attiva anche nel periodo invernale con l’organizzazione d’iniziative volte alla sensibilizzazione ambientale e alla prevenzione dal rischio idrogeologico in provincia di Cagliari.

L’associazione, facendo parte della Protezione Civile nazionale, può essere anche attivata per intervenire in caso di emergenza. Così è stato nell’ultimo evento di Olbia il 18 Novembre scorso e poi con sette operativi e due mezzi fuoristrada alle operazioni di primo intervento dal 19 al 23 dello stesso mese.

“Per far parte dell’associazione come socio operativo e poter quindi intervenire in prima linea nei diversi scenari di emergenza è necessario iscriversi, frequentare i corsi di addestramento e risultare idonei alle visite mediche annuali” spiega Sergio. A cui rivolgiamo altre domande sull’esperienza vissuta.

-Visto che siete intervenuti nella città di Olbia, puoi raccontare cosa hai visto e come ti sei sentito?

Non mi era mai capitato di dover intervenire oltre i comuni limitrofi a Capoterra, soprattutto per un evento di tale portata ed estensione.

Quando mi hanno chiesto la disponibilità per un’eventuale partenza ho subito risposto positivamente ma  devo ammettere che quando è arrivata l’attivazione vera e propria della nostra squadra per qualche secondo sono rimasto spiazzato.

In questi casi si deve partire in trenta minuti, un tempo che sembra immenso ma, che diventa appena sufficiente considerando che si deve organizzare tutto il materiale che serve per star fuori casa non si sa bene per quanto tempo.

Si parte, ci aspettano tre ore di viaggio. La SS 131 man mano che si prosegue verso nord si fa sempre più deserta; all’altezza di Nuoro un posto di blocco permette il passaggio ai soli mezzi della Protezione Civile.

Arriviamo a Olbia in tarda serata, la prima tappa è in Municipio per una riunione organizzativa. In queste circostanze la cosa principale è la coordinazione tra le diverse squadre. Raggiungiamo il Campo di accoglienza per volontari, ci sistemiamo come meglio si può, ormai è tardi e la mattina dopo ci sarà tanto da lavorare.

Sono molto contento di essere qui, so che posso dare una piccola mano.

La mattina seguente nei quartieri colpiti, le immagini non sono molto diverse da quelle che nel 2008 ho potuto vedere nel mio comune, Capoterra, dove a poche centinaia di metri da casa mia, la forza dell’acqua aveva provocato morte e gravissimi danni.

Intorno a noi ponti saltati, lampioni e cartelli divelti, l’asfalto ricoperto da un’enorme quantità di fango. Iniziamo a operare dentro le case. Quando all’interno di un’abitazione l’acqua arriva oltre un metro d’altezza non c’è molta speranza di recuperare qualcosa. I segni nei muri, le porte completamente scardinate e i mobili rovesciati sono la testimonianza della forza distruttrice della natura. In sottofondo le stime dei danni: troppi. La speranza è che queste persone vengano aiutate seriamente a ripartire.

 

-Come avete contribuito a migliorare la situazione, di cosa vi siete occupati sul posto?

 

In questi scenari sono intervenuti i volontari della Protezione Civile e quindi anche il Grusap, si agiva a 360°, dallo svuotare i sotto piani con le motopompe allo sgombero delle case, si aiutano gli abitanti a pulire le proprie abitazioni invase dal fango e da tutto ciò che il passaggio dell’acqua ha lasciato. Si puliscono gli scantinati delle scuole e le strade. Tutti gli oggetti delle case svuotate vengono accatastati lungo i marciapiedi, successivamente dei camion porteranno tutti questi materiali nei centri provvisori di stoccaggio. In tutte queste operazioni collaborano i volontari che non ultimo si fermano a parlare con chi è stato colpito da questo nubifragio. Sono questi i momenti più forti nei quali ti rendi conto che anche in un momento così difficile qualche parola detta con sincerità può far tornare un piccolo sorriso di speranza anche a chi è più disperato.

 

-Che consiglio ti senti di dare soprattutto ai giovani, dopo un’esperienza come questa?

Come ti dicevo prima è da cinque anni che regalo il mio tempo al volontariato e per me è una cosa molto importante. Un’associazione di volontariato è prima di tutto un gruppo di amici, è un ambiente sano nel quale stai bene ed è un modo concreto per aiutare chi si trova in difficoltà.

Essere volontario ti permette di mettere in campo quell’amore che ultimamente riusciamo a comunicare solo a parole o sui social e la cosa bella è che ormai in tutti i comuni sono presenti diverse associazioni e non esistono solo quelle di Protezione Civile. Tante sono le associazioni che operano nel campo della sanità e dell’aiuto ai malati oppure quelle con fini sociali e educativi che affrontano tanti problemi come quello dell’immigrazione, delle povertà estreme, dell’ascolto

Facendo volontariato in qualsiasi di questi campo, dedicando il proprio tempo e le proprie energie agli altri, si scopre che è molto più bello dare che ricevere.

 

Andrea Turno

 

 

 

 

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