Marco ed Emanuele, e un filo che lega Africa e Sardegna

Ci piace raccontare la gente che fa cose. Se poi le fa per altri, ci piace ancora di più.

Marco ed Emanuele sono di Muravera, due grandi amici e colleghi di lavoro. Scoprono per caso Masika e il suo orfanotrofio tramite delle ricerche su Internet. Sta a Kasese, una remota cittadina nell’ovest dell’Uganda, a pochi km dalla Repubblica Democratica del Congo.

Dal 2018 è la casa di venti bellissimi ed educatissimi bambini, ai quali la vita ha tolto i genitori ma, per loro fortuna, ha dato Masika, una superdonna, una eroina di 27 anni che con le sue forze ha messo in piedi quello che è, a tutti gli effetti, un orfanotrofio. Qui, Melissa (4 anni), Benson (13 anni) e tanti altri vivono, mangiano, fanno i compiti, giocano, aiutano nelle faccende domestiche e a coltivare l’orto.

Le spese sono tante e, nonostante Masika sia molto attenta agli sprechi, far quadrare i conti è molto difficile. Nasce il progetto Hopeworth Children che si regge in piedi grazie alle donazioni abituali e saltuarie di alcuni “angeli custodi” e si finanzia in piccolissima parte dalla vendita di ciò che produce l’orto.

Marco ed Emanuele arrivano a Kasese a novembre 2019 e restano per 5 settimane. “Una volta sul posto, abbiamo avviato una raccolta fondi e grazie all’aiuto di tantissimi amici, conoscenti ma anche sconosciuti di buon cuore, abbiamo raccolto una cifra importante che finora per ultimare tutti i lavori di rifinitura che erano necessari alla casa dei bambini, acquistare beni essenziali quali cibo, vestiti e arredi”.

A novembre 2020 contagiano amici e familiari.” Tutti assieme verso la costituzione di una ODV (Organizzazione Di Volontariato), che è un ente senza scopo di lucro finalizzato a svolgere attività di interesse generale in favore di terzi, avvalendosi in modo prevalente del volontariato dei propri associati. Continueremo a sostenere e aiutare Masika dall’Italia, in attesa di tornare a Kasese e sviluppare nuovi progetti”.

Allora, curioso per questo progetto, ho voluto saperne di più:

Cosa vi spinge a lasciare tutto e partire in un continente diverso ad aiutare le persone?
Io ed Emanuele eravamo già partiti assieme nel 2013 per fare del volontariato in Zimbabwe. Anche lì si trattava di dare una mano ai bambini, ma una volta sul posto ci siamo accorti che non potevamo dare veramente un contributo valido in quanto si trattava di un viaggio organizzato da un’agenzia per cui era a tutti gli effetti quello che oggi viene chiamato volunturism, una sorta di turismo che unisce il piacere di un viaggio a quello del volontariato però a mio parere, l’aspetto del volontariato è poco utile a chi riceve l’aiuto.

– Qualcosa accade più avanti…

Durante l’estate del 2019, nel pieno del nostro lavoro, la voglia di evasione era tanta e abbiamo iniziato a pensare ad un viaggio. I viaggi di piacere però certe volte possono risultare un po’ poco stimolanti. Avevamo voglia di fare qualcosa di diverso, di imparare, di conoscere, Di avventura e anche di mettere quel poco che sappiamo fare, al servizio di qualcun altro, quindi di aiutare. Abbiamo fatto delle ricerche su Internet e ci siamo imbattuti in Masika e il suo piccolo orfanotrofio. Ci siamo messi in contatto con lei e poi successivamente con degli altri volontari che erano già stati lì e ci è sembrato un progetto genuino, reale, dove speravamo di poter dare concretamente una mano e fare la differenza. Fortunatamente è stato esattamente così, anzi, le aspettative sono state ampiamente superate.

– Quale è stato il primo impatto quando siete arrivati?

Impatto molto forte: nonostante l’Uganda sia molto verde, nei centri abitati è tutto molto sporco e trasandato. C’è puzza, parecchia puzza. Anche i bambini erano molto sporchi perché la casa non permetteva il mantenimento della pulizia. Tanta polvere e tanto fango non aiutavano. Sembra di tornare indietro di 60 anni, i racconti sulla povertà dei miei genitori.

Una volta sul posto, il 26 novembre 2019 – Cagliari-Roma-Addis Abeba-Entebbe, e poi 7 ore di auto su strade disastrate e piene di animali e altri pericoli – abbiamo scoperto una realtà che non ci aspettavamo. La casa in cui abitavano i bambini era una bella casa grande ma necessitava di tanti lavori per essere ultimata. Inoltre serviva tutto, dei vestiti, alle scarpe, tavolo e sedie, spazzolino, dentifricio, carta igienica, teli per asciugarsi dopo la doccia e tanto altro.

– Tanta buona volontà e poi… come si rielaborano due persone normalissime in un contesto eccezionale?

Noi due non siamo medici o insegnanti, l’unica cosa che potevamo fare era di mettere le nostre competenze al servizio di questi bambini e dare una mano a Masika ad ultimare la casa e acquistare le cose necessarie. Abbiamo lanciato una raccolta fondi su Internet, coinvolgendo amici e familiari, ai quali si sono poi unite tantissime altre persone della nostra comunità del Sarrabus ma anche da tutto il mondo. Con i soldi che arrivavano abbiamo fatto fare dei lavori edili, idraulici, elettrici che abbiamo seguito in prima persona. Abbiamo contrattato i prezzi e fatto i capi cantiere. Poi siamo andati per mercati ad acquistare vestiti, arredi, stoviglie, materiali edili, idraulici ed elettrici. Abbiamo acquistato una TV, un frigorifero e tante altre attrezzature necessarie. Abbiamo ripristinato e la pompa del pozzo, abbiamo fatto l’allaccio alla rete idrica nazionale, intonacato tutta la casa, pavimentato la cucina e altri ambienti, piastrellato i bagni, ripitturato gli infissi, pavimentato tutto il piazzale. Ora la casa si presenta bene, non è più un posto polveroso e fangoso quando piove. I bambini possono finalmente vivere in un luogo pulito ed efficiente. A Natale abbiamo fatto un bel pranzo con tutti i cibi che loro desideravano; cose semplici che per loro sono un miraggio: pasta, carne, mele, anguria, aranciata e una bella torta. Tutto l’anno e tutti i giorni mangiano solo polenta e fagioli.

La routine era tutti i giorni tra la casa a seguire il cantiere e giocare\insegnare qualcosa ai bambini (come ad esempio ad usare la carta igienica, a lavarsi i denti, a proteggersi dalla malaria, a lavarsi le mani), e i vari mercati e negozi di materiali edili etc.

– Quale è stata la sensazione quando siete ripartiti verso l’Italia?

Eravamo stanchissimi dopo cinque settimane di impegno e stress quotidiano, quindi nonostante il dispiacere di allontanarmi dai bambini, con i quali ho interagito quotidianamente, un po mi mancavano le comodità. Sapevo però che sarebbe stato solo un arrivederci.

– Avete continuato l’attività, come ho letto, anche se a distanza…

Dopo il nostro rientro abbiamo continuato a raccogliere fondi attraverso varie iniziative, e con il ricavato, oltre a finanziare i loro bisogni primari, abbiamo acquistato alcuni terreni confinanti con la casa; in questi terreni speriamo in futuro di realizzare un camping e di dare quindi a Masika e ai bambini una fonte di reddito. La casa si trova infatti al confine del parco nazionale Queen Elizabeth ed è meta di turisti. Il turismo è appena iniziato ma ci sono buone prospettive per il futuro, covid a parte.

– L’insegnamento di quest’avventura speciale?

Ho  apprezzato come non avevo mai fatto prime le comodità che abbiamo, come ad esempio aprire un rubinetto e avere l’acqua. Credo e spero di aver imparato ad apprezzare maggiormente la fortuna che abbiamo. Mi sono reso conto di essere più sereno e riflessivo. Mi lamento molto meno di prima, non ho più un senso di insoddisfazione che mi accompagnava spesso.

IL PROGETTO: IL SOGNO DI MASIKA

L’obiettivo è l’autosostentamento per sé e soprattutto per i suoi bambini, perché non debbano dipendere per sempre dagli altri e continuare a vivere “alla giornata”. Per arrivare a ciò, Masika ha un sogno speciale: la realizzazione di un piccolo camping nei terreni adiacenti alla casa dei bambini.

Kasese è situata al confine col Parco Nazionale Queen Elizabeth, meta di numerosi turisti, grazie ai paesaggi mozzafiato e alla straordinaria fauna. L’attività del Camping darebbe senz’altro un grosso aiuto economico e probabilmente porterebbe all’autosufficienza dell’orfanotrofio e, in più, darebbe un lavoro ad alcuni dei bambini che un domani vorranno gestirlo.

IL PROGETTO DEL CAMPING:

L’area individuata per la realizzazione del Camping è confinante con la casa e l’orto di HOPEWORTH CHILDREN, si tratta di alcuni lotti di terreno, oggi incolti, per una superfice totale di circa 4000 mq, suddivisi in una decina di lotti. Si sta procedendo all’acquisto dei singoli lotti in base alla disponibilità finanziaria della raccolta dei fondi. Una volta acquistati tutti i lotti, si procederà con la realizzazione della recinzione e in seguito, sempre in base ai fondi raccolti, è previsto l’acquisto di alcune tende da campeggio, la realizzazione di un edificio per i servizi igienici, impianti elettrici, idrici etc. e possibilmente anche la costruzione di un piccolo edificio che fungerà da reception/ufficio.

“REGALA UN ALBERO”

L’area in cui Masika spera di riuscire a realizzare il camping, acquistata negli ultimi mesi grazie alle donazioni ricevute, è oggi totalmente incolta.

Un domani servirà ombra e riparo per le tende; per questo motivo abbiamo pensato di lanciare un progetto che permetta sia di soddisfare questa esigenza, sia di fornire frutta a Masika e ai bambini.

Grazie agli aiuti, tutto ciò sta diventando realtà

Nei prossimi giorni verranno messi a dimora centinaia di giovani alberi da frutto, che nei prossimi anni saranno di enorme aiuto per Hopeworth.

Come seguire il progetto? Ecco la Pagina ufficiale

https://www.facebook.com/HopeworthChildrenItalia/ 

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